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Wadia 121

Il piccolo convertitore D/A, e non solo, della casa italo/americana

Per me che sono nato, si fa per dire, ma cresciuto sì nell’era digitale dell’alta fedeltà il nome Wadia suscita sempre una certa emozione o forse più propriamente un senso di reverenza che è giusto avere nei confronti di chi è stato capace di tracciare e percorrere una nuova via. Inoltre per mezzo della mia fantasia a questo nome ho sempre associato un bel pezzo di valchiria su un cavallo alato o qualche essere mitologico al servizio di Odino ed invece scopro abbastanza banalmente dall’enciclopedia Treccani che la wadia longobarda, derivante da un antico germanico vadi corrispondente al vas del primitivo diritto romano, è la garanzia per un debito.”
Non ho la più pallida idea se i fondatori del marchio abbiano scelto il nome Wadia per questo motivo o se è solo una coincidenza ma a questo punto vado oltre e vi lascio questo spunto per ideare una Vostra congettura o teoria.

Introduzione

Wadia come tutti sanno ha da sempre progettato e costruito macchine espressamente dedicate alla decodifica digitale, tanto che il primo prodotto lanciato nello stesso anno della sua nascita, nel 1988, fu proprio il convertitore 2000 al quale venne associata l’espressione Decoding Computer. Di prodotti apprezzabili ma soprattutto di oggetti da sogno il marchio di origine americana, recentemente acquisito dall’italianissima Fine Sounds Group (già proprietaria di Sonus Faber, McIntosh, Audio Research e Sumiko), ne ha prodotti e commercializzati davvero molti a partire proprio dal Wadia 2000, passando per la meccanica 7 e il convertitore 9 ai più recenti e mostruosi apparecchi della serie 9 (971, 922, 931) che ho avuto la fortuna di ascoltare in più occasioni fra cui anche durante una visita alla Sonus Faber ad Arcugnano. Il Wadia 121 oggetto di questa prova in realtà è abbastanza lontano dai prodotti sopra citati in quanto non rappresenta un prodotto di punta o flag-ship, e io aggiungo fortunatamente, perché è rivolto per le sue caratteristiche ma anche per il prezzo ad un numero maggiore di appassionati.

Design

Il 121 è esteticamente gradevole, discreto e simile ad altri prodotti della serie 1 come il 171i Transport dock per iPod, ormai fuori catalogo, e il 151 PowerDAC Mini e presenta alcuni particolari caratteristici utilizzati molto spesso per altri prodotti Wadia come la stondatura del telaio in alluminio verniciato nero opaco e i piedini conici, in questo caso in gomma, che sono richiamati dai “tappi” sul pannello superiore. Misura alla base solo una ventina di centimetri circa ed è alto meno di sette per 1,13 kg di peso. Sul frontale non sono presenti pulsanti, interruttori o manopole ma solo logo, serigrafie e tre file di led blu da cui si può leggere rispettivamente l’ingresso digitale selezionato e l’impostazione della fase, la frequenza di campionamento ed il livello del volume. Già, il volume, perché il Nostro è anche un preamplificatore dotato di un controllo digitale a 32 bit. Oltre ai led solo una presa da ¼ di pollice per l’uscita cuffie e il sensore IR per l’indispensabile telecomando da cui si gestiscono tutte le funzioni di controllo. Sul retro una quantità invidiabile di ingressi e le uscite sia single-ended RCA che XLR bilanciate e la presa per collegare l’alimentatore esterno.

Costruzione

Nel compatto e ben realizzato imballo sono contenuti i tre elementi fondamentali del Wadia 121 ovvero il telaio principale, l’alimentatore con spina DIN a 7 poli ed il telecomando in metallo. Oltre a questo nessuna documentazione cartacea ma solo una pen drive in dotazione contenente il manuale in formato pdf.
Le caratteristiche tecniche del 121 sono molto interessanti a partire dalla grande quantità di ingressi disponibili, coassiale S/PDIF (sia BNC che RCA), AES/EBU, TosLink e USB asincrono, per mezzo dei quali sono supportati file PCM fino alla soglia di 192 kHz 24 bit. L’ingresso USB 2.0 è dotato dell’ormai famoso e affidabile chip Xmos e per gli utenti Apple l’ingresso in questione è plug&play poiché non è necessaria l’installazione di alcun driver: infatti il Wadia 121 viene immediatamente riconosciuto non solo dall’applicazione MIDI Audio ma persino fra le preferenze di sistema per via del Clock interno. Nel caso si utilizzi un PC con Microsoft Windows è disponibile per il download dal sito ufficiale l’apposito driver. Per quanto riguarda le uscite analogiche è dotato sia di connessioni RCA che XLR e dal momento che sono contemporaneamente attive è particolarmente semplice collegare un bel subwoofer amplificato. Il livello d’uscita è regolabile e si può scegliere quello più adatto alle nostre necessità fra tre livelli pari a 1V, 2V e 4V. Quanto al volume digitale a 32 bit di cui facevo cenno poc’ anzi questo opera all’interno del dominio digitale per cui non esiste, e non è neppure necessario, un sistema per escuderlo e bypassarlo. Attraverso il telecomando si regola il livello del volume, che ha un intervallo utile di 60 dB, con passi di 0.5 dB e attraverso i 6 led posti sul frontale possiamo avere un’indicazione di massima in merito all’attenuazione selezionata poiché ciascuno di essi si illumina ad ogni incremento di 10 dB pari a 20 “click” del tasto apposito.
Come se non bastasse questa già ricca dotazione il Wadia 121 possiede anche una uscita con stadio di amplificazione in classe A, anch’essa regolabile, per interfacciare sia cuffie a bassa che ad alta sensibilità.
Svitando le sei viti e rimosso parte del telaio possiamo vedere il grande circuito stampato che raccoglie tutte le sezioni comprese le alimentazioni ed il piccolo chip DAC ESS Sabre ES9018S vicino all’imponente dispositivo a logica programmabile Altera Cyclone II. Apprezzabile la separazione del segnale in uscita dal Sabre per rendere disponibili all’uso contemporaneamente sia l’uscita single-ended che bilanciata. In linea con l’ingresso USB possiamo invece scorgere il chip Xmos che è ormai implementato per le sue doti e la sua affidabilità sulla maggior parte dei convertitori con ingresso USB in commercio.

Suono

Il Wadia 121 è stato inserito nel mio impianto principale composto dalla sorgente digitale cd/sacd Cary Audio 306 Pro, sorgente digitale per musica liquida Apple Mac Pro con software Audirvana+ o Pure Music e interfaccia USB-S/PDIF M2Tech Hiface, preamplificatore Atelier du Triode ilpre, finale di potenza Cello Rhapsody, diffusori Revel Ultima Studio, cavi di alimentazione e potenza Faber’s Cables e di segnale Signal Cable. Per l’ascolto dei files ad alta risoluzione è stato collegato l’Apple Mac Pro al DAC mediante cavo USB mentre per l’ascolto dei cd è stato utilizzato il Cary Audio 306 Pro come meccanica sfruttando il collegamento S/PIDIF presente.
Sono ben conscio del fatto che il confronto del piccolo Wadia 121 con il mio riferimento digitale, il Cary Audio 306 Pro, è impari ma le aspettative erano molte ed inoltre penso che per valutare attentamente un’elettronica di qualsiasi genere si debba “agire come gli arcieri esperti i quali, vedendo il luogo da colpire troppo lontano e conoscendo la potenza del loro arco, pongono la mira molto più in alto del bersaglio, non per raggiungere con la loro freccia tanta altezza, ma per potere, con l’aiuto di così alta mira, centrare il bersaglio”.
Inoltre per valutare con maggior serenità alcune funzioni dell’oggetto in prova ho inserito a più riprese anche il preamplificatore Audio Research Ref2 MKII e un ben più economico, vecchiotto ed estremamente sorprendente Superphon Revelation Basic progettato nientepopodimeno che da Stan Warren (vedasi PS Audio). L’uscita cuffie è stata testata con due cuffie piuttosto diverse sia come caratteristiche che come costo, la Denon AH-D7100 e la Sennheiser HD600.
Il tutto si è svolto nella mia sala d’ascolto che ha ottime proporzioni, misura in pianta circa 25 metri quadri, è mediamente assorbente ed è priva di riflessioni modali particolarmente dannose.
Premetto che avendo avuto a disposizione questa elettronica per oltre un mese l’ho ascoltato con una grandissima quantità di materiale musicale ma nelle righe che seguiranno troverete citati, per ovvie ragioni, solamente pochi titoli sia su supporto fisico CD che “liquido” con files in alta risoluzione.
Per cominciare ho utilizzato il Cary Audio 306 Pro come meccanica collegandolo al Wadia 121 mediante interfaccia S/PDIF.
Gli ascolti iniziano con il bellissimo disco Robert Wyatt & Friends In Concert – Hannibal 2005 [HNCD 1507], magari non un riferimento dal punto di vista della registrazione ma per il sottoscritto assolutamente imperdibile per il contenuto artistico ed emozionale. L’equilibrio complessivo è molto buono, con una interpretazione del segnale senz’altro diversa dal riferimento, con una timbrica levigata in gamma acuta che si nota in particolare con i passaggi di tromba (tr.7 – Alife) ma che permette di godere appieno, anche a volume sostenuto, dei dischi “imperfetti” come questo.
Nel disco seguente Philip Glass, Hydrogen Jukebox – Elektra Nonesuch 1993 [7559-79286-2] si nota una buona gamma bassa sufficientemente estesa e controllata ed una gamma alta arrotondata ma piacevole (tr.1 – Song #1 from Iron Horse). Belle ed intense le voci maschili in particolare quella del baritono Watson (tr.7 – Song #7 from Howl Part II) e del tenore Fracker (tr.10 – Song #10 Aunt Rose) accompagnato dal coro. Ad essere pignoli rispetto al riferimento mancano l’ariosità, l’estensione in gamma alta, l’articolazione e la velocità; se me lo consentite si può tranquillamente affermare, riassumendo il tutto in una sola parola, che al Nostro difetta un po’ di musicalità…. e vorrei anche vedere che non fosse così visto l’alto termine di paragone.
Proseguiamo il test con alcuni brani dell’immancabile e bellissimo quanto difficile da riprodurre disco di Jan Garbarek, I Took Up The Runes – ECM 2008 [ECM 1419]. Per tutta la durata del disco il 121 è stato messo alla frusta e nei passaggi più difficili in presenza di escursioni dinamiche violente è risultato abbastanza chiaro il divario in confronto al riferimento. Inoltre con questo repertorio, in cui non solo la dinamica ma anche la correttezza timbrica è fondamentale, si sono palesati i limiti del piccolo Wadia che come già segnalato in precedenza non riesce a riprodurre correttamente le salite vertiginose del sax di Garbarek ma neppure la lucentezza dei piatti percossi da Katché.
Per quanto riguarda la tridimensionalità abbiamo un’impostazione un po’ monitor con un suono comunque ben svincolato dai diffusori ma più avanzato, meno profondo e con una scansione dei piani sonori meno precisa rispetto al Cary Audio.
L’ultimo dischetto argentato da me utilizzato è stato David Beltran Soto Chero, Migajas – Velut Luna 2013 [CVLD 238] interessante lavoro sperimentale del bravo chitarrista argentino che contiene fra le sue tracce una grande varietà di suoni acustici ed elettrici ed in cui si possono riscontrare delle escursioni dinamiche di rara intensità. La batteria (tr.5 – Suite II, Amen) non viene riprodotta con la necessaria incisività e manca anche un pizzico di velocità utile per riprodurre correttamente un brano indiavolato come Toni Nokia (tr.8 – Suite III).
A questo punto è stato doveroso testare l’ingresso USB collegando direttamente il Mac Pro al Wadia 121. Quest’ultimo è stato immediatamente riconosciuto dal computer dedicato alla musica liquida non solo dai player impiegati, Pure Music e Audirvana+, ma anche dall’applicazione Midi Audio con cui si gestisce l’audio dei computer di casa Apple.
Ho cominciato con alcuni files 44.1 kHz 16 bit estratti opportunamente da CD quali Calexico, The Black Light – City Slang 1998 [SLANG1038042], 35007, Liquid – Stickman Records 2002 [PSYCHOBABBLE 037], Renaud Garcia-Fons, Arcoluz – Enja 2005 [JENJ 3325-2]; gli stessi album sono stati ascoltati anche in CD attraverso il lettore integrato 306 Pro direttamente collegato all’amplificazione attraverso la sua uscita analogica.
Il pezzo strumentale Over Your Shoulder (tr.10) dell’album capolavoro di Burns-Convertino mi è particolarmente caro con quel mix di sonorità country folk condite in salsa messicana. La ricchezza armonica è similare al Cary Audio mentre è meno controllata ed estesa la gamma bassa. La batteria suona un po’ più morbida del dovuto mentre la gamma alta seppur levigata non inficia in alcun modo il piacere d’ascolto.
La conferma di quanto rilevato avviene per mezzo dello strepitoso pezzo Tsunami (tr.1), della band olandese 35007, coinvolgente ed incendiario nel suo crescendo lento ed inesorabile. Nonostante questa minor potenza in gamma bassa mi ha stupito in questo caso la capacità del 121 di suonare veramente forte ad un alto livello d’intensità sonora.
Si palesano luci ed ombre durante l’ascolto di un disco bello ed intenso come quello che vede protagonisti i componenti del Renaud Garcia-Fons Trio. Tornano infatti evidenti i limiti di estensione di banda per una mancanza di brillantezza in alto e di estensione e nettezza del suono del contrabbasso a cinque corde del musicista francese di origini catalane (tr.4 – 40 Dìas). Positiva, come già avevo notato in precedenza, la fluidità e la totale assenza di suono “digitale” tipico di Wadia.
Si sono susseguiti diversi altri album di vari generi musicali con files questa volta ad alta risoluzione fra cui Lee Morgan, The Sidewinder – Blue Note Records 2012 (192 kHz 24 bit), The Bill Evans Trio, Waltz For Debby – Original Jazz Classics 2011 (96 kHz 24 bit), David Bowie, The Next Day – Columbia 2013 (96 kHz 24 bit), nuovamente David Beltran Soto Chero, Migajas – Velut Luna 2013 (88.2 kHz 24 bit) ed altri ancora.
Le caratteristiche sonore precedentemente descritte sono sovrapponibili anche con l’impiego di files ad alta risoluzione ma in effetti vi è un beneficio soprattutto per quanto concerne la ricchezza armonica e la corposità della gamma bassa e medio-bassa. In gamma alta persiste quel roll-off che a onor del vero è caratteristica comune in molte macchine di questa categoria.
Durante le prove d’ascolto ho inoltre testato il volume digitale a 32 bit collegando il Wadia 121 direttamente al finale Cello Rhapsody mediante la connessione bilanciata dal momento che quest’ultimo è dotato solo di ingressi XLR. La trasparenza rimane senz’altro buona, analoga a quella della macchina collegata a monte di un preamplificatore però a mio avviso si perdono alcune qualità che rendono ancor più piacevole l’ascolto fra cui la tridimensionalità, la scansione dei piani sonori ed una vivacità della musica dovuta ad una migliore microdinamica. Da questo punto di vista non ho alcuna remora nell’affermare che ho preferito per gli ascolti “critici” mantenere un preamplificatore nell’impianto. Non ho necessariamente utilizzato un pre esoterico come ilpre di Atelier du Triode o il sempreverde Audio Research Ref2 MKII che ho avuto a disposizione ma anche un ben più modesto, almeno come costo sul mercato dell’usato, Superphon Revelation Basic. Questo pre vintage anni ’80 di cui mi piacerebbe si parlasse di più è risultato un ottimo compagno di viaggio del Wadia donandogli un po’ di brillantezza e restituendo una scena senz’altro più veritiera e godibile rispetto a quella proposta dal solo 121. Quel suono monitor, da alcuni molto apprezzato, risulta ancora più evidente collegando il Nostro direttamente al finale con un palcoscenico però un po’ troppo ristretto e limitato fra i diffusori e con ridotta profondità.
Per quel che concerne l’uscita cuffie posso dirvi che il Wadia 121 si è meglio interfacciato, come prevedibile, con la buona Denon AH-D7100 piuttosto che con la Sennheiser HD600 che richiede senza ombra di dubbio un’amplificazione dedicata più potente a causa dell’impedenza di 300 ohm. La Denon per le caratteristiche elettriche risulta un carico di lavoro più semplice e adatto all’uscita del 121. Per altri tipi di cuffie simili alle HD600 mi sento vivamente di consigliare un ampli cuffie dedicato per avere maggiore spinta e controllo.

Universalità

Durante questa prova non ho riscontrato particolari idiosincrasie del Wadia 121 verso alcun interfacciamento se non quello appena descritto poco sopra relativo all’utilizzo delle cuffie. Timbricamente questo piccolo DAC si può ben inserire in qualsiasi impianto essendo dotato di un ottimo equilibrio. In particolare considerate le sue peculiarità lo vedrei molto bene fra un computer dedicato alla musica liquida e una buona coppia di diffusori amplificati con l’aggiunta, volendo, anche di un subwoofer. Non mi è parsa neppure problematica la sua collocazione fisica e non ho osservato neppure particolari problemi di interferenze o disturbi elettrici che ne inficino le prestazioni.

Valore

La valutazione di un oggetto è sempre una questione delicata e in questo caso mi sento ancor più combattuto del solito nell’esprimere un giudizio che spero comunque sia il più possibile oggettivo. Considerando come è costruito, le ricche dotazioni e il suono che il Wadia 121 riesce ad esprimere si può serenamente affermare che il prezzo al quale viene proposto è corretto ed in linea con quello di prodotti analoghi. Inoltre dal prezzo di listino di 1450 euro si scende ad uno street price di circa il 20% in meno che lo rende di sicuro appetibile ed interessante. Di prodotti in questa fascia di prezzo con l’avvento della musica liquida ne sono comparsi davvero molti e mi sento di annoverare come antagonisti del 121 sicuramente il PS Audio NuWave, il Wired4Sound DAC nelle sue svariate configurazioni, il buon Calyx DAC 192/24 che al momento però non mi risulta più importato, e gli italianissimi M2Tech Young e il Lector Digitube. Fra questi contendenti inserirei in considerazione del notevole rapporto qualità/prezzo, anche se non raggiunge le prestazioni del prodotto recensito, l’M-Dac della Audiolab.

Conclusioni

Vi sono alcuni aspetti di questa elettronica che non mi hanno entusiasmato come ad esempio l’interfaccia poco intuitiva (con i suoi molti led) legata indissolubilmente al telecomando, l’assenza di una manopola e/o di un display che sarebbero stati utili per impostare le varie funzioni e regolare il volume, l’assenza di interruttore on/off e persino la macanza di documentazione cartacea nell’imballo (disponibile però nella pen drive in dotazione). Oltre a questi, che ritengo tuttavia dei peccati veniali superabili anche con poco sforzo da parte dell’utente finale, vi è anche un altro elemento che ritengo più penalizzante come l’alimentatore switching in dotazione; considerando la bontà del progetto e le capacità dei progettisti Wadia si sarebbe potuto curare un po’ di più l’alimentazione ottenendo sicuramente migliori prestazioni anche a discapito di un più alto prezzo di mercato.
Quanto ai limiti riscontrati in estremità di banda durante la prova d’ascolto posso affermare con serenità che questi sono stati evidenti solo perché il riferimento utilizzato appartiene a ben altra categoria e nonostante la mia severità di giudizio ritengo le prestazioni del Wadia 121 allineate con quelle della concorrenza. Di estremamente positivo conserverò nella mia memoria il suono fluido, la grana molto fine, la buona trasparenza e l’ineccepibile equilibrio complessivo che rendono questo apparecchio universale e facilmente inseribile in ogni impianto.

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